Ce texte est issu d’un atelier transdisciplinaire tenu à l’Università Cattolica del Sacro Cuore – Dipartimento di Sociologia – Gruppo Interstizi & Intersezioni – Milano – 22/04/2010. Il a déjà paru dans NewsMAGAZINE, n° 18, estate 2010. On en trouvera également une version un peu différente dans le fichier ci-joint. Nous remercions Giovanni Gasparini de nous avoir autorisé à le reproduire ici.
non travolge il fortunato che sa sgusciare per gli interstizi più sottili
tra le infinite combinazioni, permutazioni e catene di conseguenze.
(Italo Calvino, Palomar)
Cari destinatari,
al tema “Tempo, Ritmo e…” è stato dedicato recentemente dal nostro Gruppo, nell’Università Cattolica di Milano, un workshop multidisciplinare a più voci di cui il Forum di questo numero del NewsMAGAZINE rende in parte conto. Si è trattato, più che di un seminario o di un convegno, di un “laboratorio” nel quale alle esposizioni di numerose discipline scientifiche (sociologia, antropologia, comunicazione, filosofia, teologia, diritto, musicologia) si sono affiancate performances artistiche nel campo della poesia, del teatro e della musica. Ne è venuta la conferma del carattere strategico del fattore tempo per la ricerca alle intersezioni tra prospettive diverse e insieme l’indicazione che la dimensione ritmica, al centro di parecchie manifestazioni artistiche, merita maggiore attenzione anche nello studio delle relazioni sociali contemporanee. Buona lettura.
Tempo, Ritmo e Comunicazione
La mia riflessione si inserisce nel quadro degli studi che Giovanni Gasparini sta portando avanti – da tempo – sul tempo e l’esperienza temporale della tarda modernità, e in particolare su quell’aspetto che Gasparini chiama la “morsa della network society”, cioè la natura di vincolo che si accompagna alla tendenziale e progressiva condizione di essere “always on”, sempre connessi. Questa condizione può essere vista come il risultato di un lungo processo storico e tecnologico di cui è possibile individuare tre movimenti :
1) Il primo vede l’accelerazione del ritmo con cui avviene lo scambio comunicativo, la riduzione della cosiddetta “bolla temporale” (Hall) che racchiude – e insieme separa – i partecipanti a qualunque forma di comunicazione mediata : dai mesi/settimane/giorni dello scambio epistolare alla simultaneità della telefonata. Il senso di questo primo movimento è il salto di qualità (di “stato”) dalla velocità alla simultaneità : una frequenza così ridotta da darsi non più come ritmo ma come suono continuo.
2) Il secondo vede le stesse tecnologie della comunicazione scaricare la tensione della simultaneità sul versante della de-sincronizzazione : il ritmo della comunicazione subisce un altro mutamento e assume uno “stato” più flessibile, meno vincolante, meno rigido.
3) L’ultimo movimento è quello attuale, in cui simultaneità e de sincronizzazione sono insieme due principi strategici che reggono il sistema della comunicazione – personale e non – e insieme due possibili tattiche con cui i soggetti possono negoziare la natura di vincolo e di risorsa delle stesse tecnologie della comunicazione. Ne derivano :
• La convivenza, nell’esperienza di ciascuno, di più ritmi comunicativi che si sovrappongono, si elidono, si sostengono o si contrappongono, dando all’agire comunicativo l’andamento di una partitura jazz ;
• La possibilità di adottare uno stile personale con cui “tenere tatticamente il ritmo” della propria comunicazione, privilegiando uno “strumento” o un altro, una tecnologia o un’altra ; ma questo stile ha anche a che fare con la posizione sociale che si occupa nello spazio collettivo (professione, età, ruolo etc.) ;
• Una riflessione sui margini di libertà in cui si esercitano queste tattiche : la trasformazione di risorse in vincoli (o viceversa) fa emergere, entro questi margini, la presenza di un principio sovra-ordinatore, di carattere valoriale, che finisce per dettare il vero ritmo del nostro agire comunicativo.
Piermarco Aroldi, Università Cattolica, Milano
Tempo, Ritmo e Diritto
Il diritto si costituisce nel tempo e si attualizza nei suoi ritmi. Ma il diritto è anche configurazione del tempo e fissazione dei suoi ritmi. In primo luogo, il diritto configura il tempo attraverso la costituzione (thetica) di calendari e orari ; questa funzione primordiale è ancora presente nell’espressione ‘ora legale’. In secondo luogo, il diritto fissa i ritmi delle relazioni intersoggettive attraverso la costituzione (anankastica) di termini acceleratori e dilatori, iniziali e finali, per il compimento di determinati atti condizionando così i progetti di vita e la loro economia. In particolare, vorrei sottolineare l’importanza della dilazione temporale attuata dal diritto in quanto attraverso la fissazione di termini dilatori il diritto istituzionalizza la pazienza come virtù sociale. Nella dilazione si ha infatti all’opera quella che è una caratteristica essenziale della pazienza : il differimento della volontà buona. Non si tratta di un semplice differimento di una volontà in quanto istinto, pulsione ancorata in bisogni naturali o desiderio individuale : sicuramente nel diritto v’è anche questo. Ma il diritto è istituzionalizzazione della pazienza in un senso più proprio : nel senso di un differimento non di una volontà qualsiasi, ma di una volontà buona, cioè di una volontà che ha buone ragioni per attuarsi immediatamente, e che, invece, differisce pazientemente la propria attuazione. Il diritto è l’istituzionalizzazione di questo differimento. La dilazione temporale dell’esercizio della volontà buona è il modo di essere della pazienza quale longanimità, longanimitas, makrothumía. Grazie al diritto, questo differimento della volontà buona non è lasciato alla buona volontà, all’arbitrio, dei singoli. La dilazione, propria della pazienza, offre un supplemento temporale sia al divenire dell’ente, sia al comprendere del soggetto ; cioè consente, ex parte obiecti, che l’ente possa divenire oltre il già accaduto (possibilità particolarmente rilevante quando il già accaduto si è manifestato come male), e consente, ex parte subiecti, una ermeneutica più adeguata grazie ad una maggiore distanza e una più sviluppata storia degli effetti.
Giampaolo Azzoni, Università di Pavia
Tempo, Ritmo e Sociologia
La Sociologia è tra le ultime discipline scientifiche in ordine di tempo ad aver scoperto la rilevanza e la valenza del Tempo come categoria significativa per l’analisi della realtà moderna. Dopo gli studi pionieristici di Émile Durkheim e della sua scuola di un secolo fa, il topos del Tempo è stato riscoperto ed esplorato con interesse e vivacità a partire dagli anni Ottanta-Novanta del Novecento in parecchi paesi tra cui il nostro. Pensando al rapporto tra Tempo, Ritmo e Sociologia può essere interessante analizzare almeno quattro questioni, interconnesse tra loro :
1. il significato del rapporto Tempo/Società e della ‘Cultura temporale’ nelle società industrializzate ;
2. la pregnanza dei legami tra Sociologia e altre discipline scientifiche nell’analisi della temporalità ;
3. gli sviluppi delle relazioni tra tempo e società con riferimento alla network society contemporanea e ad alcuni nodi centrali : globalizzazione (con riferimento anche ai processi di omologazione, “agglutinamento” e colonizzazione spazio-temporale), velocità e istantaneizzazione della comunicazione, natura (rispetto a cultura) e infine valori individuali e collettivi, con una particolare attenzione alla “qualità della vita” e ad esperienze di tempo qualitative.
4. il tema del Ritmo, come elemento distinto da quello del Tempo in generale. Il Ritmo, che viene di solito affrontato in chiave biologica e cosmico-naturale oltre che musicale, presenta al contempo rilevanti implicazioni a livello sociale e di vita quotidiana, in particolare per ciò che attiene ad una rappresentazione dinamica dei fenomeni della temporalità.
Giovanni Gasparini, Università Cattolica, Milano
Tempo, Ritmo e Teatro
Il tempo è un elemento non definibile, poiché si affida molto alla sensibilità individuale e alla musicalità di cui l’interprete è dotato. Se i tempi sono giusti, la lettura di un brano risulta armoniosa, paragonabile a una buona esecuzione di un pezzo musicale ; non a caso i suoni vocalici che danno musicalità alla parola sono sette, come le note musicali. È possibile dunque definire il tempo ricorrendo a termini chiesti in prestito all’universo musicale – lentissimo, lento, adagio, mosso, veloce – e cercare di « imprimere » alla lettura il suo andamento, sulla base di questi tempi, seguendo le armonie che il testo suggerisce. Nel linguaggio abituale si tende automaticamente a dare maggiore o minore velocità al parlare ; quindi anche mentre si legge è opportuno lasciarsi trasportare dall’istinto. A differenza del tempo, il ritmo è dato dal succedersi nella frase degli accenti, i quali a loro volta dipendono dai segni di punteggiatura. Tra gli elementi espressivi, il ritmo è quello che, se ben calibrato, riesce a tenere desta l’attenzione dell’ascoltatore con maggior successo. Non ci sono regole precise per ritmare una lettura ; come per altri elementi associati all’espressività, ciascuno deve attenersi alla propria sensibilità e alla capacità di identificarsi nelle immagini che ha intenzione di comunicare. Il ritmo può essere piano, lento, incalzante, tormentato ; regola pause e sospensioni, lega o divide le parole, tanto che seguendo il ritmo è possibile persino ignorare i segni di interpunzione, se ciò può servire a chiarire un’immagine. È indispensabile però, in particolare quando si leggono descrizioni di movimenti e di azioni, costruire delle variazioni ritmiche anche all’interno delle stesse frasi, pur mantenendo le pause d’effetto. In questo modo, infatti, l’uditorio troverà più piacevole ciò che gli verrà proposto.
Gaetano Oliva, Università Cattolica, Milano
Tempo, Ritmo e Antropologia
Le civiltà cosiddette “primitive” hanno un loro punto di forza nella danza rituale. E che cosa è la danza se non movimento, ossia la combinazione di tempo e spazio, di ritmo che organizza lo spazio e la vita ? E aggiunge Keita Fodeba, con intensità : “noi (africani) siamo gli uomini della danza, che riprendono vigore ogniqualvolta i loro piedi battendo ritmicamente incontrano la Madre Terra”. Tempo e ritmo riguardano in particolare l’uomo e la terra , e siccome l’antropologia si costruisce tra prassi e simbolismo, ecco emergere la nuova visione ecologica dell’antropologia e addirittura dell’agricoltura. Mi piace allora richiamare la figura di Pierre Rabhi,, un grande essere umano, agricoltore, uomo politico, scrittore e poeta francese di origine algerina, ricordando uno dei suoi pensieri e principi : “La Terra è viva, ha i suoi ritmi. L’uomo li ha disattesi e ha forzato ogni produzione. Solo se il ritmo dell’uomo si riconnetterà a quello del pianeta l’uomo produrrà meglio e di più, combattendo la fame e la distruzione. Quale pianeta nel futuro lasceremo ai nostri figli ? E quali figli nel futuro lasceremo al nostro pianeta ?”
Giovanna Salvioni, Università Cattolica, Milano
Tempo, Ritmo e Musica
In merito al rapporto tra Tempo, Ritmo e Musica, si possono richiamare almeno tre questioni :
1. Iscrivere la mente nel tempo musicale – nel senso più ampio, che comprende l’ideazione, la composizione, l’esecuzione, l’ascolto – significa riscrivere affettivamente il tempo mentale. L’elaborazione di questa dialettica della risonanza (consonanza, dissonanza) è stata la nostra prima forma di coscienza, il primo pensiero dell’interiorità. L’involucro sonoro del Sé, secondo D. Anzieu, è lo spazio psichico originario : la presa uditiva del sensibile, che si forma prima della percezione visiva, è la prima gestazione della sintassi del rapporto io-mondo.
2. In termini di discorso filosofico sulla musica, il tema del profondo nesso fra pratica musicale e organizzazione simbolica del tempo ha avuto ampia circolazione in Occidente (Agostino). Nella contemporaneità recente, proprio quel nesso è stato fatto oggetto di critica radicale, in seno alle avanguardie della contemporaneità musicale. Ne è scaturita, inevitabilmente, una profonda frattura nella stessa ragion d’essere di una cultura della musica. La musica che non rimette sull’asse del tempo la complessità puntiforme e inarticolata delle vibrazioni e dei segnali sonori dell’accadere, manca l’obiettivo del bisogno simbolico per il quale è predisposta.
3. La percezione che ha incominciato a sollecitare un mutamento di tendenza nella ricerca dei (pochi) pensatori attenti al destino del lavoro musicale nella seconda metà del ’900, è appunto la coscienza che l’accanimento sul lato dell’innovazione linguistica aveva “distrutto non solo gli aspetti più esteriori della sintassi tradizionale” : aveva anche “corroso, quasi senza avvedersene, quei sistemi di attesa, di memoria e di previsione, in altri termini di organizzazione del tempo, che la prassi musicale aveva coltivato per secoli […] anche se non li aveva mai resi espliciti, né inclusi in un sistema teorico capace di metterne a fuoco la portata. E’ a questo punto che il tema del tempo musicale comincia a emergere con forza e l’esigenza di chiarirne concettualmente i contenuti diventa assai viva” (M. Imberty).
Pierangelo Sequeri, Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, Milano
Tempi futuri e ritmi passati
La società progredita del nostro tempo presente è costantemente proiettata al tempo futuro che si propone di raggiungere attraverso un ritmo incalzante di crescita con i ritmi serrati di lavoro e di utilizzo delle risorse naturali. Tutto ciò ha forti implicanze sulla comunicazione interindividuale, sulle relazioni sociali e più in generale sul rapporto dell’uomo con la natura che lo circonda. La possibilità della simultaneità che ci viene data dai moderni mezzi di comunicazione se da un lato ci pone maggiormente in contatto con l’altro, fisicamente distante e anche culturalmente diverso, dall’altro comporta il rischio di una sua riduzione ad una presenza virtuale, situata e standardizzata. In questo senso la dimensione del tempo è fondamentale inoltre per comprendere il legame tra benessere e felicità, che come dice Sen, non sono coincidenti. Anzi alcuni tentavi di “misurazione” della felicità (come l’Happy planet index) hanno messo in evidenza come i paesi più ricchi del mondo non siano affatto quelli dove la vita sia più felice. La felicità si attua solo attraverso la creazione di relazioni vere alla quale è necessario il tempo che molto spesso gli attori della network society non hanno a disposizione. A questo proposito mi colpisce molto il pensiero dell’ecologista Pierre Rahbi secondo cui le persone « stanno cambiando in particolare per quanto riguarda la felicità. Sempre di più le persone non vogliono riuscire soltanto la loro carriera ma vogliono riuscire la loro vita : rendersi conto di questo è un progresso enorme ». L’idea di progresso si associa alle novità apportate dal futuro, tuttavia penso che invece, in questo senso, la riscoperta del passato sia fondamentale. Il progresso a cui Rahbi si riferisce fa riferimento infatti al ritorno al rispetto del ritmo della natura tipico delle civiltà passate e di quelle attuali meno progredite. Il rispetto del ritmo della natura coincide con il rispetto dell’umanità poiché è la base dello sviluppo, di quello reale cioè quello di « tutto l’uomo e di tutti gli uomini » nei suoi tempi e nei suoi ritmi autentici.
Francesco Marini, dottorando, Università Cattolica, Milano